logo-sutramatzesuit banner su tramatzesuIT  This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it.
facebook sutramatzesutwitter sutramatzesuyoutube sutramatzesu
storiatradizioniculturaintervisteracconti tag
ISTANTANEE-TRAMATZESI-tagsportFOTOVIDEOcuriosita
TRAMATZESI NEL MONDOEVENTI   

istantanee tramatzesi topimage

gennaiofebbraiomarzoaprile 1aprile 2
maggio giugno luglio agosto settembre
ottobre        

Istantanee_Tramatzesi Luglio (ARJOBAS)

ist tramatzesi lug09

Dopo la lunga ed elaborata "semina" di ottobre e novembre arriva finalmente LUGLIO, il mese della mietitura . Il campo di grano è un manto uniforme, non c'è un papavero o un fiordaliso a rompere la tessitura delle spighe. Il cuore del contadino tramatzese è gonfio di gioia, ma un'ansia oscura mina la sua contentezza, scruta il cielo per paura di veder apparire minacciose nuvole, teme che il suo raccolto vada in malora a causa di un improvvisa grandinata estiva.

Le spighe sono oramai mature e dorate al punto giusto. Un vecchio metodo per controllare la maturazione consisteva nello schiacciare i semi con i denti, quando erano duri si poteva procedere al raccolto. Altri tempi quando questi lavori si svolgevano senza l'aiuto di macchinari. Alcune anziane di Gonnostramatza ci raccontano di quanto fosse faticosa e dura la mietitura, ma anche di quanto non se ne potesse fare a meno. Si iniziava a mietere verso i primi giorni di luglio e si terminava verso la fine del mese, a secondo della grandezza del terreno.

I mietitori erano infaticabili lavoratori, le donne che li seguivano non sempre riuscivano a competere specialmente quando il sole altissimo bruciava e il sudore grondava dalla fronte, bagnava le camicie e non c'era neppure il tempo per andare a bere. Quando le forze non erano ancora esaurite, qualcuno spensieratamente osava cantare per ingannare il tempo. A volte inventava le rime per le varie circostanze o richiamava i luoghi dove si trovavano.

Si mieteva faticosamente con la falce, poi si trasportava il tutto nelle aie dove si sminuzzava e pestava il raccolto con una grossa pietra trascinata dai buoi per poi raccogliere il tutto in un grande cumulo. Successivamente iniziava la spagliatura pentuai e ovviamente per questa fase si doveva aspettare il vento giusto. Il grano separato dalla paglia si trasportava a casa dove veniva ulteriormente ripulito da pietruzze e residui vari, "sa cerridura". Con l'arrivo a Gonnostramatza delle prime trebbie tutto ciò venne ben presto accantonato. I contadini continuarono a mietere con le falci, le donne continuarono a spigolare, ma il tutto veniva ormai dato in pasto alle macchine che restituivano il grano bello ripulito: dividendo quello già spagliato da una parte e la paglia triturata dall'altra.

Questo fino alla metà degli anni 70, perché proprio in quegli anni anche in paese incominciarono ad arrivare le prime mietitrebbie e da quel momento in poi le falci, le pale, i forconi e i rastrelli verranno appesi ai muri e diventeranno solo un ricordo di altri tempi, così come i poveri buoi verranno macellati per le carni e molto presto spariranno del tutto dal paese. Oggi con le mietitrebbie tutto diventa più facile e meno faticoso, ma la festa del raccolto ha perso tutto il suo magico fascino vissuto con grandi sacrifici dai nostri genitori. Qualcuno di questi anziani conserva ancora quel ricordo e qualche logoro attrezzo oramai obsoleto e mentre declama un vecchio detto tramatzese posso leggere nei suoi occhi un poco di nostalgia: "SU SOBI DE ARJOBAS E SU BENTU DE AUSTU EST MELLUS DE TOTTU CUSTU".

Le anziane contadine tramatzesi invece continuano a scavare nella memoria ricordando con lucidità: di quando si andava la mattina prestissimo a spigolare, di quando si macinava il grano con la tipica macina sarda e l'asinello, di quando si preparavano la farina, la crusca e la semola, fino ad arrivare alla dura preparazione del pane. Questa grande fatica veniva addolcita e resa piacevole dalla grande soddisfazione di avere un buon pane fatto con le proprie mani. Grazie a queste sapienti mani che hanno saputo apprendere e trasmettere quest'arte ancor oggi noi e i bambini delle scuole possiamo assistere alle fasi di questa importante lavorazione, capendo con quanto amore, con quanta fatica e con quanti sacrifici le nostre nonne e le nostre mamme affrontavano la vita di tutti i giorni.

Il Bottigliaro

Commenti

Verifica il corretto inserimento delle informazioni richieste(*).

Back to top