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Giovanni Antonio Atzei, classe 1957, una vita dietro il banco a dispensare farmaci e consigli alla gente. Su Potecariu… così viene definito il farmacista in campidanese, e lui ama questo termine dal sapore antico e affascinante! Se lo porta dietro da oltre trent’anni e si sente lusingato nel fare questo prezioso e importante mestiere! Ha sempre lavorato in piccoli paesi come Collinas, Masullas, San Nicolò d’Arcidano, Ales per una scelta ben precisa: in queste piccole realtà si ha ancora la possibilità di fare su Potecariu. Si ha più tempo da dedicare alla gente, di stabilire un contatto affettivo e caloroso, di ascoltarle, di comprenderle e, a volte, condividerne gioie e dolori, pensamentus e dispraxerisi, perchè a volte un consiglio, una chiacchierata, una risata, una parola rassicurante valgono ben più di una Aspirina!!!

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su Potecariu

su-PotecariuOggi come si entra in farmacia o in uno studio medico si è fatalmente circondati dalla tecnologia: il medico o il farmacista devono per forza di cose “rivolgersi” al computer, sembra quasi che senza quel mostro non sappiano svolgere la loro professione (per fortuna vi assicuro che non è così). Oggi la medicina e la telematica viaggiano assieme e formano un connubio imprescindibile. Ma come facevano i nostri antenati a curarsi? Di quali risorse disponevano? Come era organizzata la medicina nel secolo scorso?

Per poter rendersi conto di tutto ciò bisogna fare un salto indietro e rifarsi all’economia del paese. Gonnostramatza non si discostava molto rispetto alle condizioni generali di paesi simili di buona parte della Sardegna: fino agli anni 50-60 l’agricoltura e l’allevamento del bestiame erano il cardine dell’economia locale e seppure qualche altra attività era presente, in un certo qual modo faceva da supporto o era legata all’economia agro-pastorale. La risorsa più preziosa in quel periodo era sicuramente il grano. Era con il grano che ci si assicurava il pane quotidiano e il grano stesso a volte serviva come merce di scambio per poter avere in cambio altri beni ed accedere ad altri “servizi”.

Sicuramente si era in presenza di una povertà abbastanza diffusa. Le abitazioni non avevano di certo i confort odierni: l’energia elettrica e l’acqua corrente scarseggiavano, il vestiario era abbastanza ridotto alle cose essenziali e in un quadro abbastanza desolante e precario al limite del degrado, non deve stupire che anche le condizioni igienico-sanitarie di conseguenza non fossero esaltanti! Se a questo si aggiunge poi una alimentazione aproteica, dovuta al fatto che si consumava poca carne (in certe situazioni se si riusciva a consumarla una volta alla settimana era già una fortuna) e basata principalmente sul consumo di carboidrati e poche proteine vegetali, si capisce che le condizioni generali in materia di salute della popolazione non fossero proprio ottimali. Facendo riferimento alla lettura di alcuni testi che trattano di medicina popolare, quasi tutti sono concordi nell’assegnare al concetto di salute e malattia una sorta di legame-intreccio molto stretto con le credenze religiose. Questo concetto è espresso molto bene da Nando Cossu in uno dei suoi libri dove si afferma che esisteva una forma di premio – punizione voluto dalla volontà divina: si è premiati con la salute in caso di dono divino e condannati dalla malattia come forma di espiazione di colpe. Questo concetto veniva spesso ribadito anche dai cosiddetti “esperti“ di medicina: quando non riuscivano a diagnosticare patologie a loro sconosciute l’alibi per l’insuccesso della cura era dovuto alla volontà divina.
A questo punto non voglio più annoiarvi e vi rimando alla prossima puntata dove vedremo come gli esperti di allora affrontavano le malattie più comuni dell’epoca. Naturalmente chi è a conoscenza di metodologie popolari usate anticamente a Gonnostramatza può segnalarle a me personalmente o alla redazione. Sarà un piacere parlarne insieme! (SEGUE)

Data:Giovedi, 29 Maggio 2014 06:37

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