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Paolo, classe '85, tramatzese di origine e per la vita. Instancabile girovago, ha deciso di stabilirsi a Monaco di Baviera, dove lavora come marketing manager. Resta in attesa di quella nostalgica sensazione che prende i sardi quando stanno lontani dalla loro terra, perché’ il mondo è’ talmente grande e variegato che è un peccato limitarsi a vivere sempre nello stesso posto...

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From Kwala – Parte Prima

sutramatzesu tanzania

From Kwala – Parte Prima

Chi parte per l’Africa viene avvertito fino alla nausea che questo è un continente pericoloso, corrotto e violento. Fatti tutti gli opportuni distinguo, soprattutto sulla corruzione che pare davvero epidemica ed endemica, bisogna dire che prima di tutto l’Africa è per davvero povera, economicamente in ginocchio, sanitariamente alla preistoria! Il resto viene dopo e, sia come sia, in Africa si sorride, si sta calmi di fronte ai problemi, si ascoltano gli interlocutori e si è sempre comunque gentili.

sutramatzesu tanzaniaFrom Kwala – Parte Prima

Chi parte per l’Africa viene avvertito fino alla nausea che questo è un continente pericoloso, corrotto e violento. Fatti tutti gli opportuni distinguo, soprattutto sulla corruzione che pare davvero epidemica ed endemica, bisogna dire che prima di tutto l’Africa è per davvero povera, economicamente in ginocchio, sanitariamente alla preistoria! Il resto viene dopo e, sia come sia, in Africa si sorride, si sta calmi di fronte ai problemi, si ascoltano gli interlocutori e si è sempre comunque gentili.
Dopo tre settimane che mi trovo in Tanzania mi sono reso conto che qui essere povero non scandalizza o stupisce. Allo stesso tempo, essere povero non necessariamente significa sconforto o tristezza. Anzi, tra le strade di Kwala, il piccolo villaggio rurale nel quale insegno Inglese, anche nell'insopportabile scandalo della miseria si è dignitosi, fieri e in un certo senso anche più umani.  In Africa, la vita ha valore, e vivere è più importante di ogni altra cosa. Nonostante ciò, la vita in Africa è dura, dura per tutti, ma specialmente per le donne, soprattutto giovani donne e bambine. Camminando tra le strade di Kwala o tra le tantissime capanne Masai disseminate per la savana, le donne, con l'eleganza e la dignità che le contraddistingue, e che non perdono mai, anche se quello che portano in testa è un misero straccio colorato, assumono il valore di icone.
Donne che lavorano, che portano l'acqua, che lavorano la terra. Donne che cucinano e vendono "maandazi" o "chapati" per strada.

Ma anche donne riprese in un gesto arcaico come quello di rompere il guscio di un noce di cocco con un sasso che è sempre quello da migliaia di anni. E, ovviamente, donne con i bambini, mentre allattano o li coccolano, in quell'immagine universale e comune a tutti i popoli. Le mie prime impressioni "tanzaniane" si sono, perciò, soffermate sulla gente. Anche perché, in fin dei conti la gente è l'anima di ogni paese o nazione. Sono le persone, quelle fatte di carne e ossa che fanno e vivono la storia, qualunque essa sia, bella o brutta, felice o triste, ricca o povera. Sono le figure femminili quelle che più mi hanno colpito. La forza e dignità che le caratterizza, ma anche l’austerità e il mistero che le avvolge è ciò che più di ogni altra cosa mi ha fatto pensare.

Ci sarebbe tanto da dire e discutere sulla condizione della donna in Tanzania, e in Africa in generale, ma non sto qua a soffermarmi su questioni di "gender studies" o "feminism". Il mio era solo un piccolo appunto sui quei soggetti sociali che fino ad ora, mi hanno colpito maggiormente. In Africa si sa il ruolo della donna è importantissimo. E forse è proprio per questo, che per ora, la mia attenzione si è soffermata sulle figure femminili, le più delicate, le più forti, ma anche le più difficili da decifrare tra le “mie immagini d’Africa”.

Paolo Abis

 

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